Acquarelli
TEMA: ACQUARELLI
(…) Avevo circa due ore di tempo mentre il sole calava lentamente e la luce sopra i tetti e i muri diventava lentamente più calda, più profumata e dorata. Prima di iniziare a disegnare guardai per un po’ l’intera valle variegata fino al lago, i paesi lontani, il primo piano con i ceppi ancora chiari, dai quali già spuntavano abbondanti i germogli verdi, e in mezzo la terra rossa e secca interrotta da rocce scintillanti, con i fossi profondamente scavati durante il periodo delle piogge; e poi osservai il nostro paese, questa piccola, calda siepe di muri, frontoni, tetti, della quale conosco ogni linea e superficie da tanto e molto bene. Forme, che ho esaminato con gli occhi decine di volte e ritratto a penna.
(…) Tutte queste case e capanne appartengono a qualcuno, sono costruite da qualcuno qualcuno vi abita, vi mangia, vi dorme e vede crescere i bambini, si arricchisce o s’indebita. E anche tutti questi orticelli e ogni albero e ogni prato, ogni vigna e cespuglio di lauro e ogni pezzetti di castagneto appartiene a qualcuno, viene venduto, viene ereditato, dà gioia, dà preoccupazioni. Nella nuova grande scuola vanno i giovani, imparano il minimo indispensabile, hanno tre mesi di vacanza in estate e poi vanno coraggiosi e assetati incontro alla vita, costruiscono , si sposano, buttano giù i muri, piantano alberi, fanno debiti, mandano i loro bambini a scuola. Non vedo ciò che vede questa gente nelle loro case e nei loro orti o ne vedo poco. Che c’è l’acqua nella cantina, che la dispensa e piena di topi, che il camino non tira e che nell’orto i fagioli hanno troppa ombra, non vedo tutto questo , non mi dà gioia, non mi crea problemi. D’altronde quello che vedo io del nostro paese la gente non lo vede. Nessuno vede come quel muro di calce pallido e screpolato lì dentro attira quel tono di blu dal cielo e lo fa vibrare ancora qui sulla terra. Nessuno vede quanto delicato e pieno di calore il rosa stinto di quella facciata sorrida tra il verde ondeggiante delle mimose, quanto sia grasso e pieno il giallo ocra scuro sulla casa degli Adamini davanti al blu pesante delle montagne e quanto briosamente il cipresso nel giardino del sindaco incroci il fogliame increspato. Nessuno vede che la musica di questi colori in questa ora ha la sua tonalità più nitida, ben accordata, che il gioco dei toni, la gamma delle luminosità, la lotta delle ombre in questo piccolo mondo non sono le stesse ad ogni ora. Nessuno vede come lì sotto, nella conca bluastra della valle, il fumo dorato della sera tira una sottile striscia e fa’arretrare più profondamente le montagne di fronte. E se devono esserci uomini che costruiscono case, che buttano giù case, che piantano boschi, che buttano giù boschi, che dipingono saracinesche e che seminano orti,certo dovrà esserci anche un uomo che vede tutto ciò, che è spettatore di tutto questo fare e agitarsi, che negli occhi e nel cuore fa entrare questi muri e tetti, che li ama, che cerca di dipingerli. Non sono un pittore molto bravo, sono un dilettante; ma non c’è nessuno che in questa larga valle conosca e ami e custodisca come me le facce delle stagioni, dei giorni e delle ore, le pieghe del paesaggio, le forme degli argini, i sentieri capricciosi in mezzo al verde, che li abbia così a cuore e che viva con loro. A questo serve il pittore col cappello di paglia, con il suo zaino e la sua seggiola pieghevole, che in ogni momento batte i vigneti e i margini del bosco e si apposta, del quale gli scolare ridono sempre un po’, e che talvolta invidia l’altra gente per le loro case e gli orti, per le mogli e i figli, per le gioie e le preoccupazioni.