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L'Arte dell'Ozio

TEMA: L’ARTE DELL’ OZIO
Il poeta che soffre per un lavoro incompiuto ritroverà ben di rado la sua pace e il suo equilibrio nel pittore o il pittore nel musicista. L’artista, infatti, può godere profondamente e appieno solo nei periodi fulgidi e creativi, mentre ora, affannato com’è, tutta l’arte gli sembra o insulsa e incolore, o soffocante e prepotente. Un’ora di Beethoven può con altrettanta facilità guarire oppure abbattere completamente colui che di tanto in tanto si sente scoraggiato e disorientato.
E’ in simili frangenti che sento dolorosamente la mancanza di un’arte del far niente, affermata e nobilitata da una solida tradizione. E il mio animo germanico solitamente immacolato guarda con invidia e nostalgia alla madre Asia, dove un esercizio secolare è riuscito a conferire alla condizione apparentemente informe dell’esistenza e dell’ozio vegetativi un certo ordine e un ritmo nobilitante.
…ho quasi imparato a praticare il far niente con metodo e grande diletto.

 

TEMA: VOGLIA DI VIAGGIARE
( Sul viaggiare)

Chi è dotato di buona volontà scopre facilmente da sé i semplici segreti dell’arte di viaggiare. Non vorrà bere birra di Monaco a Siracusa per poi, quando mai l’ottenesse, trovarla insipida e costosa. Non andrà in terre straniere senza sapere neanche una parola delle rispettive lingue. Non misurerà paesaggi, esseri umani, usanze, cucina e vini esteri secondo i criteri della propria patria, desiderando che il veneziano sia più gagliardo, il napoletano più tranquillo, il bernese più gentile, il Chianti più dolce, la Riviera più fresca, la costa della laguna più erta. Costui cercherà di adattare il proprio stile di vita agli usi e al carattere locali, alzandosi presto a Grindelwald e tardi a Roma, e così via. E in particolar modo cercherà ovunque di avvicinarsi alla gente del posto e di comprenderla. Non circolerà quindi in comitive di turisti e non alloggerà in hotel internazionali, bensì in locande con osti e personale indigeni, o ancor meglio in case di privati dalla cui vita domestica ricaverà un’immagine della vita del popolo.
La poesia del viaggiare non sta nel ristoro dalla monotonia del proprio paese, dal lavoro e dalle contrarietà, non nella casuale compagnia di altri esseri umani e nella contemplazione di quadri altrui. Non consiste tanto meno nella soddisfazione di una curiosità. Essa risiede nel fare nuove esperienze, cioè nell’arricchirsi, nell’organica assimilazione delle novità acquisite, nella nostra crescente comprensione dell’unità nel molteplice, del grande intreccio di terra e umanità, nel ritrovamento di verità e leggi antiche in situazioni assolutamente nuove.
(…) Ma ogni viaggio, perché sia fonte di piacere e rappresenti un’esperienza profonda, deve possedere un contenuto e un significato concreto e preciso. Girovagare per noia e insulsa curiosità in paesi stranieri la cui intima essenza è, e rimane, estranea e indifferente, e peccaminoso e ridicolo. Alla stessa stregua di un’amicizia o un amore che si coltiva e a cui si portano dei sacrifici, o di un libro scelto, acquistato e letto con cura, ogni viaggio di piacere o di studio deve significare un voler bene, un voler studiare, un donare se stessi. Deve avere come scopo quello di far sì, che un paese e un popolo, una città o una regione diventino patrimonio spirituale del viandante; costui deve ascoltare il paese straniero con amore e passione e dedicarsi con perseveranza al mistero della sua essenza. Il ricco salumiere che va a Parigi e a Roma per ostentazione e malinteso senso della cultura, non ne ricava nulla. Chi però ha coltivato dentro di sé per lunghi, ardenti anni giovanili il sogno delle Alpi o del mare o delle antiche città italiane e finalmente ha racimolato a fatica il tempo e il denaro necessario per il viaggio, abbraccerà ardentemente ogni pietra miliare, ogni muro di cinta illuminato dal sole e ricoperto di rose rampicanti di un monastero, ogni vetta innevata e ogni striscia di mare del paese straniero; e non li concederà dal proprio cuore finché non ne avrà compreso il linguaggio, finché ciò che è morto non sia resuscitato e ciò che è muto abbia riacquistato la favella. In un solo giorno costui farà molte più esperienze e godrà infinitamente più di quanto sia concesso nell’arco di interi anni al viaggiatore mondano; egli si porterà appresso per tutta la vita un tesoro di gioia, comprensione e piacevole sazietà.
(…) I viaggiatori cui ciò che è ignoto diventa presto e facilmente familiare, e che hanno un occhio per ciò che è genuino e prezioso, sono gli stessi individui che hanno riconosciuto un senso alla vita in sé e che sanno seguire la propria stella. Una profonda nostalgia delle sorgenti della vita, il desiderio di sentirsi amici e partecipi di tutto ciò che vive, crea e cresce – questa è la loro chiave per i segreti del mondo che essi inseguono vogliosi e sereni non solo viaggiando in terre straniere, bensì anche nel ritmo della vita e dell’esperienza di ogni giorno

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